Nel momento della sua fondazione, nel 1983, il GAT adotta il logo dei Gruppi Archeologici d’Italia, associazione della quale il Gruppo rappresentava la sezione torinese. Tale logo, tratto da un elemento ceramico rinvenuto negli anni ’60 dai volontari del G.A. Romano, raffigura Eracle mentre affronta un cinghiale (non rappresentato). Il profilo della Porta Palatina, celeberrima icona della Torino romana, viene assunto come simbolo peculiare del GAT già nel 1985, affiancandolo al logo dei G.A. d’Italia. La Porta, inizialmente disegnata dal socio Giacomo Busto, assume la grafica definitiva nel 1988 (F. Diciotti). A partire dal 2000 il disegno della Porta Palatina viene inserito all’interno del cerchio che ancora oggi lo ospita e abbinato, sino al 2005, al logo dei G.A. d’Italia. Nel 2006, con l’uscita del GAT dai G.A. d’Italia e con la sostituzione dell’Eracle, il logo assume la fisionomia attuale. Nel 2012 viene aggiunto l’acronimo “onlus”. Occasionalmente, affiancandolo al logo ufficiale, il GAT utilizza anche un logo dalla grafica più moderna, disegnato nel 2004 da Piera Luisolo.
ll significato di un simbolo
Il disegno dell’animale che, nel logo attuale, sbuca dietro la Porta Palatina – al posto del precedente logo dei G.A. d’Italia – è tratto da un ciondolo in bronzo dorato rinvenuto nel 1993 presso il sito di Bric San Vito (Pecetto, TO) dai soci del Gruppo Archeologico Torinese durante le attività archeologiche preliminari tese all’evidenziazione del perimetro della struttura medievale, presso le mura sud-orientali. Raffigura un uccello rampante o che spicca il volo, forse un pellicano, simbolo caro alla Chiesa in quanto metafora del sacrificio di Cristo; una leggenda medievale afferma infatti che il pellicano si trafigge il petto per cibare col proprio sangue i suoi piccoli. Tuttavia, poiché il volatile raffigurato sembra dotato di un becco ad uncino, è più probabile che si tratti di un rapace, forse un falco o un’aquila. Il ciondolo originale, datato X-XI secolo, è conservato nel Museo di Antichità di Torino, nella sala dedicata al territorio piemontese, insieme ad altri interessanti reperti medievali rinvenuti sul Bric San Vito a seguito dei primi interventi GAT e delle successive campagne di scavo ad opera della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte.