La Chiesa di S. Domenico vede la sua origine nella seconda metà del XIII secolo, quando i Domenicani si insediarono a Torino in un modesto luogo di culto disposto trasversalmente rispetto all'attuale chiesa e orientato con l'abside a oriente (agli inizi di questo secolo ne venne alla luce un muro laterale presso l'altare maggiore). Nel '300 ebbe inizio l'ampliamento della chiesa; i lavori si protrassero fino al XVI secolo, quando l'edificio raggiunse le proporzioni attuali. |
Sopra: entrando nel chiostro dal fondo della
navata sinistra si incontra una delicata lunetta affrescata (1330-1340)
presso la sacrestia, forse l'ingresso della antica chiesa duecentesca. Sotto: particolare dell'affresco di gusto tardo-gotico (XV sec.) del beato Amedeo IX,
staccato nel 1617 dal pilastro sul quale era stata affrescata e
trasferito nel terzo altare della navata sinistra. |
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Nel frattempo, verso il 1351 era stata costruita una sorta di
quarta navata verso la contrada di San Michele (ora via Milano). Dal XVII secolo in avanti una lunga teoria di ristrutturazioni
conferì alla chiesa un aspetto barocco, occultandone la matrice
gotica originale: furono cancellati gli affreschi, rinnovate le
decorazioni, sostituite le finestre gotiche e si rialzò di 60 cm
il pavimento della chiesa per portarlo al livello della strada,
coprendo così le basi delle colonne. Nel 1911, dopo una serie di interventi iniziati nel 1866 ad
opera del Vennero ripristinate la |
La chiesa di S. Domenico conserva l'unico ciclo di affreschi trecenteschi visibile a Torino, nella cosiddetta "Cappella delle Grazie". La pregevole composizione presenta una teoria di apostoli sopra i quali appaiono scene diverse (un Cristo Pantocratore, un'Annunciazione e una scena di vita domenicana). Durante l'epoca barocca il vano della cappella fu soppalcato causando mutilazioni insanabili agli affreschi, la cui stessa conservazione venne seriamente compromessa. L'intera composizione conobbe notevoli restauri nei primi anni del '900 a cura del pittore Giovanni Vacchetta, il quale, a causa del cattivo stato in cui versavano gli affreschi, integrò di sua mano vaste zone andate perdute, ripassando anche le immagini originali. |
Sopra: san Tommaso d'Aquino e l'apostolo san Taddeo, due delle figure meglio conservate e delle quali è possibile apprezzare la raffinata esecuzione. |
La figura del Cristo Pantocratore era tra le più rovinate quando il Vacchetta diede inizio al suo restauro integrativo: si era conservata solo la testa di Gesù (foto sopra) e alcuni piccoli particolari limitrofi dei simboli degli evangelisti. Nella foto a destra si può vedere lo stato attuale dell'affresco, nel quale le parti originali (in alto e ai lati) sono riconoscibili per un colore più tenue rispetto alle integrazioni compiute dal Vacchetta.
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Ulteriori restauri nel 1986 hanno consentito una più agevole lettura di questi interventi integrativi, ben distinguibili dalle zone originali, valorizzando sia l'opera primitiva che le buone intenzioni del Vacchetta (il quale, comunque, si ispirò nelle sue integrazioni a modelli piemontesi di epoca e fattura similari), rimuovendo anche le sovradipinture. La cappella delle Grazie sorge esattamente sotto al campanile
gotico dalle severe finestrature a sesto acuto |
Qui sopra: la lapide dell'umanista |
![]() Il campanile venne risparmiato dal rinnovamento barocco e oggi, sebbene restaurato, lo vediamo così come venne concepito nel XIV secolo |