Nel caso vi fosse sfuggito, a Torino, in piazza IV Marzo, è stato recentemente effettuato un restauro che la città attendeva da oltre un secolo.
Erano infatti gli ultimi anni del XIX secolo, in pieno revival medievista, quando l’ingegner Riccardo Brayda dedicava le sue attenzioni alla macilenta e interessantissima Casa del Senato, edificio che affonda le sue radici nell’epoca romana, ricostruito nel basso medioevo e rimaneggiato ancora oltre: un palazzo dalla storia lunga, complessa, travagliata (e che dunque qui non riassumeremo).
Il Brayda riportò alla luce alcune finestre a sesto acuto tamponate e restituì al palazzo l’aspetto assunto tra XV e XVI secolo. Purtroppo, parzialmente. Egli poté ripristinare solo una parte della facciata, quella che oggi si trova al numero 17. L’altra metà, al n. 15, restò così come il trascorrere dei secoli l’aveva conciata: malandatissima. E pensare che proprio in questa metà si conservano gli elementi più antichi, ossia dei conci di marmo d’epoca romana, reimpiegati nell’edificio medievale e già notati dagli storici e dagli archeologici del tempo. Così il Brayda stesso scriveva nel 1897: “Non sarebbe difficile compito il ritornare alla forma primitiva tutto intiero l’edifizio da me in parte messo allo scoperto. […] Se tale lavoro si potesse eseguire, la Città di Torino riacquisterebbe un antico edifizio, che, per il ricco suo materiale, per l’eleganza della sua costruzione interna ed esterna, e per la sua ubicazione, doveva essere certamente uno dei più importanti nel periodo artistico del XVI secolo.” (Atti SPABA, VII). Malauguratamente, il suggerimento dell’ingegnere non trovò seguito.
Il bombardamento del 13 luglio 1943, durante la seconda Guerra Mondiale, rischiò di far sparire per sempre la Casa del Senato: l’edificio venne colpito in pieno. I successivi interventi di ripristino salvarono solo la facciata e parte dei muri laterali.
La metà al numero 17 ha goduto di ulteriori interventi di restauro e integrazione (per certi versi dagli esiti non condivisibili) ancora nel 2011-12, mentre la “sorella” adiacente, rosicando e sospirando, ha dovuto attendere altri dieci anni per vedere finalmente studiata, pulita, recuperata e consolidata l’antica porzione di facciata superstite.
Il nuovo restauro della “porzione dimenticata” della Casa del Senato ha bene evidenziato ciò che già si intravedeva, sebbene con difficoltà, ossia la presenza di tre ordini di finestre a sesto acuto (com’era per la porzione vicina), i cui contorni ora si individuano più chiaramente, e le tracce delle fasce marcapiano medievali (queste, invece, assai poco visibili prima). Anche il loggiato dell’ultimo piano, ritenuto d’impianto seicentesco, è stato ripristinato.
Quanto ai blocchi di marmo gaggino d’epoca romana che fiancheggiano il portone e corredano lo spigolo dell’edificio, sono tornati al loro primitivo candore; ma basta sporgersi oltre il cantone, dove si trovano altri lacerti romani e medievali su cui i restauratori non sono intervenuti, per… rivivere la situazione precedente all’attuale restauro.
Ignoro se siano state indagate le cantine, che secondo vari resoconti presentavano (e ancora presentano, ma sono di difficile accesso) due livelli o addirittura tre (su questo le fonti non concordano). Così scriveva Ferdinando Rondolino nella sua Storia di Torino antica del 1930: “[…] nei sotterranei rimane un doppio ordine di cantine, che avevano servito di prigione, la inferiore aereata solamente da un buco aperto nella volta e murata di massi poliedrici” (con “massi poliedrici” Rondolino intende i basoli delle strade romane).
Ora la Casa del Senato si presenta con una facciata omogeneamente restaurata e così si può percepire finalmente come un edificio unico, intuendo anche meglio l’importanza che deve aver avuto nel corso dei secoli. Un pannello dall’aspetto provvisorio, ma che speriamo possa diventare più stabile perché ricco di informazioni interessanti, è stato affisso al cancello metallico del numero 15.
Insomma: se ancora non ci siete stati, correte quanto prima in piazza IV Marzo ad ammirare la nuovissima & antichissima Casa del Senato.
(2 febbraio 2022 – GAT – Fabrizio Diciotti)